Dopo la Litografia e la Cromolitografia, passiamo adesso ad un’altra tecnica: la stampa flessografica. É conosciuta e chiamata più comunemente come stampa “flexo”. Si tratta di una particolare stampa rotativa diretta, che utilizza lastre matrici a rilievo in gomma e materiali fotopolimerici, chiamati clichè. La stampa flessografica ha riscosso un notevole successo, soprattutto negli utlimi anni. Utilizzata prevalentemente per packaging, sia nel settore industriale che in quello di marketing, ha giocato un ruolo molto importante nello sviluppo delle tecniche di stampa.
Stampa Flessografica: etimologia del kiss printing
Meno conosciuta con il nome flexografìa, il termine deriva da fless- di flesso, flettere, o da flex- di flectĕre e grafia. Il nome trae origine dal materiale utilizzato per le matrici. Trattandosi di matrici rilievografica, il materiale impiegato è sempre stato piuttosto flessibile e morbido e avvolto su di un cilindro. La stampa flessografica è definita come diretta. Questo significa che il clichè (cioè la matrice) trasferisce l’inchiostro delle stampanti direttamente al supporto da stampare grazie ad una lieve pressione esercitata da un cilindro di pressione. Il processo prende anche il simpatico nome di “Kiss printing”, stampa al bacio, volendo appunto sottolineare la leggera pressione esercitata dal cilindro sul supporto, a simulare il leggero tocco tra le labbra di due amanti.
In principio questa tecnica veniva chiamata stampa all’anilina, a causa del colorante impiegato durante il procedimento. Era utilizzata soprattutto per gli imballaggi, mentre oggi è destinata anche a produzioni più impegnative. Per la stampa dei quotidiani, ad esempio, è sfruttata in combinazione con altre tecniche.
Meccanismo di funzionamento
Il sistema di inchiostrazione della stampa flessografica è piuttosto affascinante. L’inchiostro infatti è applicato tramite un rullo d’acciaio oppure ceramico, chiamato rullo Anilox. Il rullo può essere caricato tramite due diversi sistemi:
- Tramite calamaio
- Con un rullo gommato
Nel primo caso, cioè tramite calamaio, il rullo è caricato da un calamaio pieno d’inchiostro liquido, mentre la racla (vale a dire una lama che elimina l’eccesso di materiale dalla superficie), effettua dei passaggi per rimuovere l’eccedenza. Questa tecnica di caricamento è utilizzata anche la stampa a rotocalco.
Nel secondo sistema invece, l’operazione è eseguita tramite un apposito rullo gommato. Il rullo pesca l’inchiostro da un recipiente e, allo stesso tempo, ottempera alla funzione di spalatore sul rullo anilox, con il quale entra in contatto mentre gira ad elevata velocità.
Cilindro anilox
Il cilindro anilox è inciso con diverse cellette. Il numero di incisioni fa variare la quantità dei dettagli di stampa. Le cellette possono andare da un minimo di 80, fino ad 800 per centimetro. Meno cellette sono presenti, migliore sarà la stampa a fondo pieno. Al contrario, più cellette conterà il rullo, maggiori saranno i dettagli.
Nella flessografia gli inchiostri impiegati sono particolarmente liquidi e volatili e tendono a seccare rapidamente a causa dell’evaporazione dei solventi che contengono. Per questo motivo si tratta di un sistema piuttosto versatile che si adatta e si presta molto bene alla stampa su diverse tipologie di materiali: carta, cartoncino, cartone ondulato, alluminio, materiali plastici e addirittura legno.
Macchine flessografiche
Le macchine flessografiche possono essere a fogli oppure rotative. In particolare le macchine rotative per la stampa flessografica sono prodotte in tre diverse strutture:
- in linea
- planetarie – a tamburo centrale
- stack – a cilindri indipendenti
Le macchine in linea e planetarie solitamente stampano da un lato solo, mentre le stack su entrambi i lati del supporto e con diverse combinazioni.
Le rotative in linea sono formate da una serie distinta di elementi stampa(uno diverso per colore). Le planetarie invece assomigliano molto alle macchine utilizzate per la stampa offset. Consentono di stampare a colori e su diversi materiali, anche sottili e deformabili. Mantengono sempre una buona precisione di registro, questo perché il cilindro centrale, permette di diminuire le deformazioni del materiale.
Infine le rotative stack sono simili alle planetarie ma al posto del cilindro centrale hanno un cilindro per ogni unità di stampa (o numero colori). In tutti i casi l’asciugatura della stampa avviene passando il materiale stampato dentro delle grosse cappe di asciugamento che gettano soffi di aria calda sul materiale stampato. Gli inchiostri di stampa possono comunque essere sia a vbase d’acqua, che a base solvente.